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By Cesare Acutis

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Bastiano emise un grido soffocato di spavento. Un grido di spavento echeggiò sopra l'abisso e fu raccolto dall'eco che lo sospinse avanti e indietro. Ygramul roteò l'occhio a destra e a sinistra, per vedere se ci fosse in arrivo qualcun altro, perché quel ragazzino che ora le stava davanti paralizzato dall'orrore... no, quello non poteva essere stato. Ma non c'era nessuno. » Si disse Bastiano profondamente scosso. » E ora Atreiu udì la voce di Ygramul. Era una voce molto stridula ma anche piuttosto rauca, che non si adattava in nulla e per nulla a quel volto enorme.

Bastiano si teneva la testa stretta fra le mani, lo sguardo fisso davanti a sé. » Se si fosse trattato solo di quello, di inventare un nome, Bastiano avrebbe potuto certo dare una mano. In quelle cose lui era bravissimo. Ma purtroppo lui non era in Fantàsia, dove le sue qualità avrebbero potuto essere utili e magari procurargli anche simpatie e onori. D'altro canto però era anche contento di non essere laggiù, perché mai e per nessuna cosa al mondo avrebbe voluto arrischiarsi in un luogo come quelle Paludi della Tristezza.

A quelle parole Atreiu si svegliò. Il campanile batté le dodici. Ora i compagni di Bastiano scendevano in palestra per l'ultima ora di lezione, che era ginnastica. Forse oggi avrebbero giocato a palla prigioniera, un gioco nel quale Bastiano era di solito particolarmente maldestro, ra- gione per cui nessuna delle due squadre lo voleva dalla propria parte. Talvolta però, invece che col pallone, giocavano con una palla più piccola, dura come un sasso, che faceva un male tremendo quando arrivava in testa.

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