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E siccome all’Astor Place Opera House di New York avrebbe dovuto recitare nel maggio del 1849 un suo amico attore, e invece di lui venne scritturato un tal inglese Macready per la parte di Macbeth, Buntline indossò allora il suo vestito blu e cappello a cilindro. E arringò la folla. Malgrado duecento poliziotti, a metà del primo atto come concordato esplose la rivolta: ventitré morti e centoventi feriti. Dopo l’arresto la moglie gli testimoniò contro accusandolo d’etilismo e di infilarle nel letto altre donne.

Caddero come birilli a terra, tutti uno dopo l’altro: l’aereo si schiantò su un tetto adiacente, ma Védrines come un gatto era intanto saltato fuori, sulla terrazza, in salvo. Il gesto e la meraviglia amplificata dai giornali lo eccitarono a spacconate ancora più temerarie. Promise che gli sarebbe riuscito di volare da Parigi a Roma in due giorni. E ci sarebbe riuscito, se quella certa sera del 21 aprile 1919 il suo aeroplano non avesse perso un’ala, staccandogli l’anima linguacciuta dal corpo.

Era iroso, si dispiacque che metà dei suoi ufficiali fossero stranieri, sfidò anche sette marinai a duello l’uno dopo l’altro. Marine nella guerra coi Seminole, vi apprese a uccidere e ben deportare. Ma s’accorse anche che gli piaceva fare le cose per raccontarle, e congedatosi inventò un giornale quando fu turbato dalle lunghe cosce di Seberina: cubana che maritò poco prima che morisse di parto. A Nashville era venticinquenne mentre a una pesca di beneficenza incontrò la signora Porterfield formosa e muscolare.