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In quel periodo conosce un altro studente, un sardo di nome Antonio Gramsci. Si capiscono alla perfezione, frequentano lo stesso ambiente, hanno idee comuni e per una strana coincidenza concorrono entrambi alla stessa borsa di studio vinta da Togliatti. Gramsci arriva settimo. All’avvento della grande guerra, Togliatti viene riconosciuto inabile per una malattia polmonare sofferta in passato, ma si fa volontario e viene reclutato per prestare servizio in alcuni ospedali miliari dell’Isonzo. In seguito, sottoposto a nuove visite, viene riconosciuto abile e arruolato nel 14° Reggimento fanteria.

Il bianco apparecchio si ferma», scrive il cronista de «l’Unità», allora organo del PCI, «si apre il portello. In cima alla scaletta compaiono per prime Nilde Iotti e Marisa Malagoli, e subito le persone che sono ad attendere le circondano in un solo abbraccio. Tutti i compagni del Comitato Cen trale e della Commissione Centrale di controllo, i membri della direzione e della segreteria di partito, i dirigenti della Federazione giovanile comunista sono in muta attesa…». Il cronista, così come ha fatto nominando i vari organi del partito, riporta con molta attenzione i nomi dei dirigenti che sono presenti: Giorgio Amendola, Pietro Ingrao, Gian Carlo Pajetta, Mario Alicata, Enrico Berlinguer, Emanuele Macaluso, Mauro Scoccimarro.

Da un altro vagone, un soldato con la benda sull’occhio si era affacciato e gli aveva risposto cantando un motivo diverso: La tradotta che parte da Bologna la va diretta al Montesanto cimitero della gioventù. A quel punto i due carabinieri avevano aperto lo sportello ed erano saliti a bordo e, trovandosi davanti soldati in barella, senza una gamba o un braccio, o con la testa fasciata, o i moncherini al posto delle mani, erano scesi senza dire altro. Dopo Caporetto, la notizia della disfatta è corsa veloce sulle bocche di tutti.